lunedì, Dicembre 30, 2024

Virus degli abissi scoperto nella Fossa delle Marianne: ecco cosa sappiamo

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Freddo, buio, altissima pressione e scarsità di nutrienti: sono queste le condizioni nelle quali vive il virus batteriofago appena isolato da un sedimento estratto dalla Fossa della Marianne. Sempre che vivere sia la parola giusta da associare a quelle che forse possono essere considerate come le creature più enigmatiche del mondo della biologia. La scoperta è opera di un gruppo di ricercatori guidato da Yantao Liang e Min Wang della Ocean University of China di Qingdao. I risultati delle analisi sono stati pubblicati su Microbiology Spectrum.

Un virus che “assomiglia” al batterio che infetta

Si tratta di un batteriofago, dicevamo, ossia di un virus in grado di infettare esclusivamente batteri, in particolare quelli appartenenti al phylum Halomonas. Questo tipo di batteri si trova spesso nei sedimenti delle profondità marine e nelle bocche idrotermali, aperture simili a geyser che giacciono sul fondo degli oceani e che rilasciano correnti di acqua calda. Ed è proprio qui, all’interno di sedimenti che si trovavano a ben 8.900 metri di profondità, che è stato scoperto il virus che il gruppo di ricercatori ha nominato vB_HmeY_H4907.

Secondo i risultati dello studio, vB_HmeY_H4907 farebbe parte dei virus definiti “temperati”, ovvero che seguono un ciclo lisogeno. Questo tipo di virus non causa immediatamente la morte della cellula che infetta, ma fa sì che il proprio genoma venga integrato all’interno di quello dell’ospite. In questo modo il virus sfrutta il processo di divisione cellulare dell’ospite per duplicare il proprio Dna. Dalle analisi genetiche, tra l’altro, il genoma virale è risultato essere molto simile a quello del batterio che infetta.

Storie di co-evoluzione

Per quanto ne sappiamo, questo è il fago isolato alla maggiore profondità finora conosciuto nell’oceano globale”, racconta Wang. Le analisi del materiale genetico, spiega il ricercatore, indicano che vB_HmeY_H4907 rappresenta una famiglia virale precedentemente sconosciuta, quella dei Suviridae. I suoi geni, infatti, non sembrano somigliare a nessuno dei fagi precedentemente isolati. Secondo Wang, la scoperta apre a nuove interessanti domande sulle strategie di sopravvivenza sviluppate da alcuni virus per resistere in condizioni così avverse e di quasi completo isolamento, oltre che sulla loro capacità di co-evolversi con gli ospiti che infettano.

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