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Il castoro europeo (Castor fiber) è uno dei più grandi roditori autoctoni del nostro continente. In passato è stato largamente cacciato a causa della sua pregiata pelliccia e anche di credenze, ormai fortunatamente superate, sulle presunte proprietà curative del cosiddetto “castoreo”, una sostanza oleosa prodotta dalle ghiandole perianali dell’animale. Recentemente la specie è tornata a colonizzare alcune aree d’Italia, come raccontano i risultati di uno studio pubblicato su Animal Conservation, a conferma delle osservazioni riportate dagli esperti di Anbi (Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni) e Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nei mesi scorsi. La notizia è certamente positiva, anche se, spiegano gli esperti, è necessario monitorare attentamente le aree di insediamento del roditore e i suoi livelli di riproduzione: vediamo perché.
Un “ingegnere ecosistemico”
Il castoro è un animale che tende a modificare molto gli ambienti in cui vive: costruendo dighe, rosicchiando i tronchi degli alberi e cibandosi di certi tipi di coltivazioni può arrivare a interferire con alcune attività umane. Ma la convivenza è possibile e, anzi, necessaria: come sempre quando si parla di biodiversità e di ripopolamento di specie autoctone, gli esperti pensano che il ritorno del castoro in Italia possa favorire la conservazione di specie potenzialmente a rischio e, dall’altro lato, aiutare nel controllo di specie invasive come la nutria (Myocastor coypus).
Le aree interessate
“Ampie zone d’Italia risultano essere idonee per la stabilizzazione del castoro e, mentre le popolazioni settentrionali sembrano essere più isolate, in centro Italia abbiamo riscontrato un maggiore potenziale di espansione della specie”, spiega Mattia Falaschi, ricercatore zoologo dell’Università Statale di Milano e primo autore dello studio. Gli autori sostengono che la ricolonizzazione del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia si legata alla naturale espansione dell’animale dall’Austria verso sud. Al contrario, si pensa che la presenza del roditore nel centro Italia (Toscana, Umbria, Marche) sia dovuta a reintroduzioni non autorizzate, perché gli spostamenti naturali dei castori fra questa zona e le regioni nord-orientali sono risultati praticamente nulli.
Come attrezzarsi
Se il ritorno del castoro è un’ottima notizia dal punto di vista della conservazione della biodiversità, dall’altra è necessario prevenire i possibili danni che, come anticipato, le sue attività rischiano di causare: fra queste, la costruzione di dighe può arrivare a ridirezionare il flusso dei corsi d’acqua interessati, che rischiano ad esempio di allagare campi coltivati. “Le aree di potenziale conflitto con l’uomo sono principalmente distribuite in centro Italia (soprattutto in Toscana, Umbria e Marche), e in Trentino Alto-Adige, dove i castori potrebbero avere accesso ad aree con presenza di piantagioni arboree o infrastrutture sensibili alle attività della specie. I modelli suggeriscono invece aree di potenziale conflitto molto limitate in Friuli Venezia-Giulia”, prosegue Falaschi. Proteggere i campi coltivati con apposite recinzioni o progettare attività di drenaggio dell’acqua sono alcuni dei metodi che dovrebbero essere presi in considerazione nelle aree dove ci si aspetta una sostanziale crescita nella popolazione dei castori.