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In un mondo che ha sempre più sete, il pensiero di un Paese costituito da una penisola, come l’Italia, schiude spesso una suggestione mistica: rendere potabile l’acqua del mare. Si tratta infatti di quasi di un sogno, mai analizzato fino in fondo. I motivi, perché fallisse, c’erano: troppo dispendio energetico per far funzionare i macchinari utili allo scopo e quindi come smaltire la salamoia nel mare (il concentrato salino che avanza dal processo di dissalazione). Per questo in Italia, come nel resto del mondo, si è sempre parlato poco di dissalatori, strumenti tecnologici che esistono da tempo e sono in grado di trasformare l’acqua del mare in acqua potabile.
Oggi l’Italia ricava solo lo 0,1% dei suoi prelievi idrici dalla desalinizzazione. Dato il momento di grave penuria idrica, ad aprile scorso il decreto Siccità ha modificato la disciplina di questa tipologia di impianti. Snellendo le procedure burocratiche e soprattutto disciplinando gli scarti del processo, anche in funzione dell’acqua usata per fini agricoli. Quest’ultimo è il primo impiego in assoluto che noi italiani facciamo dell’acqua: irrigare i campi. Certo il precision farming e il recupero delle acque reflue possono fare molto per ottimizzare l’uso della risorsa. Ma nulla vale come poter generare acqua dolce, utile per qualsiasi scopo. E la siccità dell’anno scorso, il caldo torrido di quest’estate e lo scioglimento dei ghiacciai alpini continuano a ricordarcelo. “La dissalazione può giocare un ruolo fondamentale in agricoltura come succede nella vicina Spagna, dove molti degli impianti destinano il 50%-70% dell’acqua prodotta all’irrigazione dei campi”, dice a Wired Pietro Tota, country manager Italia della divisione acqua del Gruppo Acciona.
Meno energia e meno salamoia: i nuovi dissalatori
In generale i dissalatori sono diventati un’opzione percorribile in funzione di un domani, al momento, sempre più arido. Per Tota, “l’innovazione tecnologica, frutto della ricerca nel campo della dissalazione ha giocato un ruolo fondamentale nel rendere la dissalazione più appetibile come fonte di approvvigionamento idrico globale”.
Per dare una dimensione quantitativa, oggi il fabbisogno energetico di un dissalatore moderno è praticamente dimezzato rispetto alle versioni precedenti e quasi decimato rispetto alle versioni più antiquate. “In altri Paesi, in generale più siccitosi del nostro, la dissalazione, utilizzata all’inizio per necessità, oggi giorno è divenuta la fonte principale di approvvigionamento idrico e grazie all’innovazione anche la più sostenibile. In Italia, nonostante la tecnologia sia già molto matura, la consuetudine di utilizzo delle forme di approvvigionamento convenzionale, la scarsa conoscenza diretta della dissalazione costituisce ancora il limite principale al suo impiego su larga scala”, prosegue il manager.