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Dal 2013 i governi italiani hanno approvato in media quasi un provvedimento all’anno per contrastare la violenza sulle donne e di genere. Tuttavia, quasi tutte si sono concentrate sulle azioni di repressione e punizione, mentre quelle volte alla prevenzione tramite educazione e sensibilizzazione sono pochissime e spesso non hanno nemmeno terminato l’iter parlamentare, restando bloccate nelle commissioni.
Nell’ultimo anno, come riporta il report La miopia della politica italiana nella lotta alla violenza maschile, di Action Aid, sono stati 48 i progetti di legge volti a prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne, ma di questi solo 4 sono diventati legge. Il quarto è stato approvato solamente venerdì 24 novembre, a seguito dell’ondata di proteste per il femminicidio di Giulia Cecchettin.
Anche in questo caso però, le misure volte all’educazione e alla sensibilizzazione per contrastare il fenomeno della violenza di genere alla radice, sono state messe in secondo piano, andando solo a inserire il tema della violenza all’interno delle ore di educazione civica, generici “gruppi di discussione” con i professori e campagne informative. Non insomma una strategia strutturata e dettagliata che veda la partecipazione dei gruppi antiviolenza o che porti l’educazione e la sensibilizzazione anche fuori dalle aule scolastiche.
Si tratta comunque di un minimo passo avanti, rispetto al muro innalzato finora dall’esecutivo rispetto a ben quattro proposte di legge presentate dalle opposizioni in tema di educazione sessuale e affettiva nelle scuole e nelle università. L’esame dei testi è pero rimasto fermo e il loro iter parlamentare non è arrivato nemmeno alla discussione fuori dalle commissioni. Tutte le proposte, come riporta Pagella Politica, riguardano l’educazione alla parità e al rispetto dei sessi, alla soluzione non violenta dei conflitti interpersonali, alla prevenzione della violenza e la valorizzazione della diversità di genere.
Inoltre, non hanno mai terminato il loro iter parlamentare anche due proposte formulate nella scorsa legislatura, di cui una di stampo generalista e di contenuto simile al disegno di legge anti-violenza approvato oggi e un’altra, approvata alla Camera ma mai passata al Senato, volta a concedere il permesso di soggiorno come forma di protezione e asilo, alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio.