sabato, Dicembre 21, 2024

Pensione anticipata, quante sono le persone che la prendono in Italia?

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L’età pensionabile in Italia è fissata a 67 anni, una soglia tra le più alte in Europa. Eppure, una folla di lavoratori va in pensione anticipata. Ossia si ritira molto prima rispetto alla maturazione dell’età individuata per legge. Secondo i dati Inps, oltre 157.000 persone ricevono una pensione di vecchiaia o anticipata da almeno 40 anni. Il fenomeno delle pensioni anticipate coinvolge diverse categorie professionali. Il Monitoraggio sui flussi di pensionamento del primo semestre 2024 rivela che circa la metà delle persone che optano per la pensione anticipata lo fa prima dei 62 anni, con un 28% che va a riposo addirittura prima dei 60.

Quante pensioni ci sono in Italia?

Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, nel 2021 in Italia si contavano complessivamente 16,1 milioni di pensionati, tra anticipati e non, che percepivano un totale di 22,8 milioni pensioni. La differenza tra questi numeri è dovuta al fatto che in Italia esistono diverse tipologie di pensioni, e una persona può riceverne più di una contemporaneamente, per esempio esempio una pensione di vecchiaia e una di invalidità. In particolare, il 78% delle pensioni è costituito da pensioni di invalidità, vecchiaia o superstiti (Ivs); il 20% da pensioni assistenziali, destinate a chi si trova in difficoltà economica; e il restante riguarda pensioni indennitarie, come quelle erogate a seguito di infortuni.

Quanti sono i pensionati di lungo corso?

L’Inps rivela che oltre 157.000 persone ricevono una pensione da almeno 40 anni. Una folta schiera delle dimensioni di città come Perugia o Livorno composta interamente da pensionati di lungo corso. Di questi, 95.045 provengono dal settore privato e 62.034 dal pubblico. Allargando lo sguardo, si scopre che le persone che percepiscono pensioni di vecchiaia, invalidità e ai superstiti (Ivs) dagli anni Ottanta o prima superano quota 549.000, tra settore pubblico e privato.

Le radici di questo scenario affondano negli anni Ottanta, l’epoca delle cosiddette “baby pensioni”. Allora, una lavoratrice pubblica sposata e con figli poteva andare in pensione con soli 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi. Una pratica che oggi pesa come un macigno sui conti pubblici, specialmente in un’era di crisi demografica. Nonostante le riforme successive abbiano cercato di innalzare l’età pensionabile e di limitare l’accesso alle pensioni anticipate, il fenomeno rimane significativo. Le attuali regole (che rientrano nel quadro della cosiddetta legge Fornero, dal cognome della ministra del Lavoro, Elsa Fornero, autrice della riforma sotto il governo Monti) permettono ancora il pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, dopo una finestra mobile di tre mesi.

Ad accentuare il fenomeno delle pensioni anticipate in Italia c’è anche un mercato del lavoro rigido, che rende difficile la ricollocazione dei lavoratori anziani. Inoltre le crisi economiche hanno portato le aziende a incentivare i pensionamenti anticipati come misura di ristrutturazione per ridurre gli organici o far entrare persone più giovani, mentre la complessità normativa, frutto di numerose riforme, ha moltiplicato le vie d’uscita per chi desidera lasciare il lavoro prima del previsto. E questo nonostante oggi l’età pensionabile sia indicizzata, e quindi aumenti automaticamente al verificarsi di determinate condizioni, come l’aumento dell’aspettativa di vita nella popolazione italiana.

In un contesto di inverno demografico, come viene definito l’attuale calo delle nascite, il costo di questo sistema si fa sempre più evidente. Ed infatti, in vista della prossima legge di bilancio il governo sta valutando possibili interventi, in particolare sulla finestra mobile per chi va in pensione indipendentemente dall’età. La Lega in particolare spinge per una rimodulazione delle pensioni, senza tenere conto degli impatti sui conti pubblici. Una modifica che potrebbe riguardare tra le 100.000 e le 200.000 persone all’anno.

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