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Una batteria nucleare con una cella fotovoltaica in grado di generare elettricità per centinaia di anni. A sentirla così, potrebbe sembrare fantascienza. E invece, in Cina, potrebbe presto essere realtà. Quantomeno secondo un articolo pubblicato di recente su Nature, secondo cui gli scienziati cinesi sarebbero riusciti a ottenere un risultato che fino a qualche tempo fa era considerato un miraggio. Se confermato, si tratta di un risultato con ricadute potenzialmente straordinarie, anche per il possibile impatto sugli obiettivi di transizione energetica.
La ricerca è stata realizzata dal team del professor Wang Shuao dell’università di Soochow di Suzhou, metropoli da quasi 13 milioni di abitanti non lontana da Shanghai, insieme a una squadra di ricercatori del Northwest Institute of Nuclear Technology e della Xiangtan University. Insieme, affermano di aver progettato una batteria nucleare dotata di uno strato incorporato che funziona come un pannello solare per utilizzare in modo ottimale le radiazioni alfa. Questo fa sì che venga aggirato il principale ostacolo all’utilizzo dei radioisotopi alfa per lo sviluppo di batterie micronucleari, vale a dire la capacità con cui perdono energia a causa dell’autoassorbimento, effetto della loro brevissima penetrazione nei solidi.
“Una delle scoperte più significative da decenni“
“Questo auto-assorbimento riduce significativamente l’effettiva potenza di uscita delle batterie micronucleari alfa-radioisotopiche testate a livelli molto inferiori alle aspettative teoriche“, ha spiegato Wang. Ma il suo team, spiega il South China Morning Post, sarebbe riuscito a incorporare un “convertitore di energia incorporato“, vale a dire uno strato polimerico che circonda gli isotopi e che trasmette l’energia rilasciata durante le radiazioni convertendola in luce e poi in elettricità, proprio come una cella fotovoltaica.
Utilizzando solo 11 microcurie della sostanza chimica radioattiva sintetica 243Am, l’assemblaggio ha prodotto una radioluminescenza visibile dai raggi alfa emessi dal decadimento dell’isotopo, si legge nello studio pubblicato su Nature. Ulteriori esperimenti hanno determinato che la potenza della luminescenza era di 11,88 nanowatt, con un’efficienza di conversione dell’energia dal decadimento alla luce che ha raggiunto il 3,43%. Un dato considerato “impressionante“.
Secondo i ricercatori, il convertitore di energia è eccezionalmente stabile, con parametri di prestazione quasi invariati per 200 ore di funzionamento continuo. La batteria potrebbe avere una durata di vita di diversi secoli. Il quotidiano cinese Science and Technology Daily ha salutato il risultato come “una delle scoperte più significative nel campo delle batterie nucleari degli ultimi decenni“.
Rinnovabili e nucleare: numeri impressionanti
Lo studio è peraltro perfettamente in linea con gli obiettivi strategici fissati dal governo cinese e dal Partito comunista in materia di sicurezza energetica e di utilizzo del nucleare come fonte di energia sostenibile. La Cina ha collegato il suo primo reattore civile alla rete nel 1991, circa tre decenni dopo gli Stati Uniti. Ora, però, secondo l’Information Technology & Innovation Foundation, Pechino è in vantaggio di 10 o 15 anni rispetto a Washington nello sviluppo della tecnologia nucleare di quarta generazione. La Cina sta anche costruendo reattori convenzionali molto più rapidamente. Dei circa 60 impianti in costruzione a livello globale, il 45% è in Cina.