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A Hong Kong sono stati condannati gli attivisti del movimento pro-democrazia

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Martedì 19 novembre il tribunale di Hong Kong ha condannato 45 persone a pene fino a 10 anni di carcere. Si tratta di attivisti ed ex parlamentari accusati di “cospirazione sovversiva” per aver organizzato nel 2020 delle consultazioni elettorali non autorizzate dalla Cina che hanno visto la partecipazione di oltre 600.000 cittadini.

È il più grande processo mai celebrato a Hong Kong per questioni politiche. I condannati avevano organizzato delle primarie per selezionare i candidati dell’opposizione alle elezioni legislative. Per il tribunale, che ha applicato la severa legge sulla sicurezza imposta nel 2020, l’obiettivo era utilizzare il voto per ottenere la maggioranza in parlamento e paralizzare il governo. Le sentenze sono state pronunciate in mattinata nell’aula speciale del tribunale di West Kowloon, creata appositamente per ospitare tutti gli imputati. Un precedente che, secondo analisti e diplomatici occidentali, mette in discussione l’esistenza stessa di un’opposizione politica legale a Hong Kong.

Le condanne più pesanti

La pena più severa – 10 anni di carcere – è stata inflitta al professor Benny Tai, docente di diritto considerato dai giudici il “cervello” del piano elettorale. Secondo l’accusa, avrebbe orchestrato una strategia per utilizzare le primarie come strumento per paralizzare il governo. Joshua Wong, il volto più noto delle proteste di Hong Kong, dovrà scontare 4 anni e 8 mesi di carcere. Wong, già in prigione per altre condanne legate alle manifestazioni del 2019, ha beneficiato di uno sconto di pena per aver ammesso le proprie responsabilità.

7 anni di carcere sono stati inflitti a Gordon Ng, cittadino australiano che si era dichiarato non colpevole durante il processo, scatenando le proteste diplomatiche di Canberra. La stessa pena è stata inflitta a Gwyneth Ho, ex reporter diventata famosa per aver documentato l’attacco di una banda criminale ai manifestanti pro-democrazia nel 2019, prima di candidarsi alle elezioni.

Il verdetto arriva alla vigilia di un altro processo chiave: domani testimonia il magnate dei media Jimmy Lai, 76 anni, fondatore del più popolare quotidiano pro-democrazia di Hong Kong, Apple Daily, costretto a chiudere nel 2021 dopo il congelamento dei suoi beni. Lai è in carcere da quasi 4 anni e rischia l’ergastolo per violazione della legge sulla sicurezza nazionale.

Il contesto politico

Hong Kong è un territorio speciale che dal 1997, dopo 156 anni di dominio britannico, è tornato sotto la sovranità cinese. L’accordo di restituzione garantisce alla città un alto grado di autonomia fino al 2047, con un proprio sistema legale e libertà sconosciute nella Cina continentale.

Nel 2019 la città è stata teatro di massicce proteste pro-democrazia, inizialmente contro una legge sull’estradizione verso la Cina e poi allargatesi a richieste di maggiori libertà democratiche. In risposta, nel 2020 Pechino ha imposto una nuova legge sulla sicurezza nazionale che punisce attività considerate sovversive o separatiste.

È in questo clima che nel luglio 2020 l’opposizione democratica ha organizzato delle primarie per selezionare i propri candidati alle elezioni legislative. L’obiettivo dichiarato era coordinare le candidature per massimizzare le possibilità di vittoria. Oltre 600.000 cittadini hanno partecipato al voto, ma le autorità hanno considerato questa iniziativa come un tentativo di sovvertire il sistema.

Le elezioni legislative sono state poi rinviate e la maggior parte dei candidati dell’opposizione è stata arrestata all’inizio del 2021. Nel frattempo, il sistema elettorale di Hong Kong è stato riformato: oggi tre quarti del parlamento sono eletti indirettamente da gruppi di interesse e da un comitato filo-governativo.

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