giovedì, Dicembre 26, 2024

La casa editrice che vuole pubblicare 8mila libri nel 2025

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Con l’introduzione dell’intelligenza artificiale (AI) il mondo dell’editoria sta affrontando una rivoluzione tecnologica senza precedenti, e Spines, una startup israeliana nata nel 2021, sembra determinata a cavalcare l’onda di cambiamento. Fondata da Yehuda Niv, imprenditore con esperienza nel settore dei servizi editoriali, promette di rendere la pubblicazione di un libro più rapida, economica e accessibile grazie all’utilizzo in fase di editing dell’AI. L’azienda, che con un recente round di finanziamenti ha raggiunto i 16 milioni di dollari di capitalizzazione, ha l’obiettivo ambizioso di pubblicare 8000 libri nel 2025.

Spines si definisce una piattaforma innovativa, capace di democratizzare l’accesso all’editoria. “Sfruttando la potenza dell’intelligenza artificiale rivoluziona ogni aspetto del percorso editoriale, tra cui la correzione di bozze, la formattazione, la progettazione della copertina, la distribuzione e il marketing su tutti i principali canali e piattaforme”, si legge sul sito. ll processo, secondo il fondatore, permette di pubblicare un libro in sole due o tre settimane, contro i sei-diciotto mesi tipici degli editori tradizionali e il tutto con tariffe comprese tra 1200 e 5000 dollari.

Un modello per “autori di massa”

Niv sottolinea che Spines non appartiene a nessuna categoria predefinita: non è autopubblicazione, né editoria tradizionale. “Siamo una piattaforma di pubblicazione”, ha dichiarato al Guardian, posizionandosi come un’alternativa a modelli consolidati ma spesso inaccessibili per la maggior parte degli autori.

La promessa di Spines è semplice: rendere possibile per chiunque pubblicare un libro senza dover investire decine di migliaia di dollari o acquisire competenze specifiche nei vari aspetti del processo editoriale. Gli autori, secondo la filosofia dell’azienda, mantengono il 100% delle royalties e dei diritti sulle loro opere, un punto che differenzia Spines dai vanity publisher tradizionali, cioè aziende che pubblicano libri a spese dell’autore, senza offrire un reale investimento o selezione basata sulla qualità del manoscritto.

La reazione dell’industria editoriale

Non tutti condividono l’entusiasmo per questa iniziativa. Mary Kate Carr, scrittrice per AV Club, interpellata da The Week, non ha usato mezzi termini definendo Spines un “self-publishing scam”. Carr sottolinea che, nonostante le promesse, l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di offrire la stessa qualità di un editing umano. “Se spendi 5000 dollari per far modificare e pubblicare il tuo libro dall’intelligenza artificiale, stai buttando via i tuoi soldi”.

Anna Ganley, amministratrice delegata della Society of Authors, ha espresso preoccupazioni simili, giudicando il modello inadatto a soddisfare le aspettative di chi spera di ottenere un successo letterario. Per la maggior parte dei critici, l’approccio automatizzato di Spines rischia di impoverire il valore creativo del processo editoriale, riducendo i libri a prodotti di massa privi di qualità e cura.

L’AI nell’editoria, risorsa o minaccia?

Spines non è il primo caso di startup che intende sfruttare i Large Language Models (LLM) per facilitare la scrittura e la pubblicazione di libri. Microsoft ha recentemente lanciato 8080 Books, piattaforma che come Spines promette di accelerare la pubblicazione grazie alla tecnologia. Anche ByteDance, l’azienda madre di TikTok, sta entrando nel mercato librario con l’etichetta 8th Note Press. Allo stesso tempo, editori tradizionali stanno iniziando a sperimentare l’uso dell’AI per traduzioni e attività meno creative, come la gestione dei metadati.

Anne Hervé, consulente editoriale, interrogata da The Bookseller ha sintetizzato il dilemma che l’AI pone per il settore: “L’intelligenza artificiale può semplificare attività noiose, ma non può sostituire il tocco umano nei processi creativi“. L’editoria, insomma, si trova a un bivio: abbracciare l’innovazione tecnologica senza compromettere il valore umano che rende un libro qualcosa di più di un semplice prodotto. In definitiva, sostiene Hervé, “vogliamo che l’AI faccia i piatti per noi, non che dipinga la Cappella Sistina“.

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