Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
La carne rossa è di nuovo sotto accusa. Stavolta ad accendere i fari su questa categoria di alimenti è uno studio che collega i consumi di quella lavorata sopra una certa soglia (spoiler: anche piccoli consumi giornalieri) a un maggior rischio di demenza. Lo studio in questione è stato pubblicato sulle pagine di Neurology, la rivista ufficiale dell’American Academy of Neurology, e se da una parte mette in luce questioni poco indagate e da confermare con ulteriori ricerche, dall’altra si candida a infoltire una ricca letteratura in materia che si associa alle indicazioni di istituzioni e società scientifiche. Il messaggio che risuona infatti, ancora una volta, è che ridurre i consumi di carne rossa – e soprattutto di quella lavorata – sarebbe sempre auspicabile, a beneficio dell’ambiente e della salute, anche quella neurologica.
Un’indagine lunga 40 anni
A condurre la ricerca è stato un team di ricercatori provenienti da diverse istituzioni dell’area di Boston, che sfruttando i dati relativi a stili di vita e salute provenienti da due grossi studi americani, che hanno seguito per oltre 40 anni alcuni professionisti sanitari (oltre 133 mila), ha indagato le possibili relazioni tra consumo di carne e declino cognitivo. Il punto infatti, spiegano gli esperti, è che sul tema poco è noto, e gli studi condotti avevano seguito per tempi relativamente ridotti i partecipanti, collezionato pochi dati sulle diete, e portato a risultati contrastanti. Questo non significa però che patologie correlate a un maggior consumo di carne rossa, soprattutto cardiovascolari, non fossero già tra i noti fattori di rischio per le patologie neurodegenerative, come vedremo.
Le possibili associazioni con declino cognitivo sono state indagate in diversi modi. Da una parte i ricercatori si sono affidati a valutazioni ufficiali, da parte di sanitari, dall’altra invece hanno chiesto agli stessi partecipanti di esprimere un giudizio sulle proprie capacità cognitive (con tutti i limiti dei dati autoriportati).
Più carni lavorate, più rischio di demenza e cervelli più “vecchi”
Mettendo in relazione i dati relativi ai consumi alimentari – monitorati con questionari ogni due o quattro anni – con le diagnosi di demenza e le valutazioni cognitive, ecco cosa è emerso. Chi consumava più carni lavorate aveva circa il 13% di rischio in più di avere una diagnosi di demenza: parliamo di chi risultava aver consumato un quarto di porzione o più di carni lavorate al giorno, pari circa a una trentina di grammi di prodotto. Parimenti, all’aumentare di affettati & co (come bacon, hot dog e salsicce) si osservavano anche cervelli più “vecchi”, come indicato dai test cognitivi (svolti al telefono e volti a misurare capacità cognitive globali, e specifiche, come quelle di memoria e verbali). In questo caso si stima che l’invecchiamento fosse di circa 1,6 anni per ogni porzione giornaliera in più di carne.
Trend analoghi si avevano quando si andava a indagare anche la presenza di problemi cognitivi autoriferiti, dove sia il consumo di carni lavorate (per valori già superiori a un quarto di porzione al dì) che anche di quelle non (quando si superava la porzione giornaliera) si associava a un maggior rischio di difficoltà cognitive (rispettivamente del 14% e del 16%, rispetto a chi ne mangiava poca). Fattori come famigliarità, sesso, status socio-economico, istruzione e stili di vita sono stati raccolti e tenuti in considerazione nelle analisi, puntualizzano gli esperti.
Carni rosse e salute del cervello
“Ci auguriamo che i nostri risultati incoraggino una maggiore considerazione della connessione tra dieta e salute del cervello”, ha dichiarato da Boston Daniel Wang del Brigham and Women’s Hospital, a capo dello studio. Questo non significa però che qualcosa sul campo non fosse già nota, come ha ricordato lo stesso Wang. “La relazione osservata con il consumo di carne rossa, specialmente quella lavorata, con le demenze, non sorprende”, conferma a Wired Alessandro Padovani, direttore clinica neurologica dell’Università degli Studi di Brescia e presidente della Società italiana di neurologia. “Sappiamo infatti che una dieta ricca di carni rosse predispone a un aumento dei radicali liberi, del livello di grassi, di diabete e malattie cardiovascolari, e a loro volta le patologie legate agli stili di vita, come appunto diabete, ipertensione, obesità, malattia cardiovascolari, danneggiano il cervello e aumentano il rischio di demenza. Lo studio in questione afferma che un consumo eccessivo di carne rossa possa agire come un fattore indipendente per le demenze, ma resta ancora da capire se ci sia un effetto diretto non mediato da questi fattori”.