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Intelligenza artificiale e storia, l’AI può rivoluzionare la ricerca? Quando il professor Benjamin Breen ha chiesto a OpenAI o1, il modello di GenAI più recente dell’azienda di Sam Altman, di analizzare un manoscritto medico del Settecento messicano, l’intelligenza artificiale non solo ha trascritto perfettamente il testo in spagnolo coloniale, ma ha anche notato dettagli grafici che erano sfuggiti allo stesso storico.
Un risultato impressionante che solleva domande sul futuro della ricerca storica nell’era dell’AI: c’è ancora bisogno dei ricercatori che entrino nelle biblioteche, analizzino i manoscritti, imparino lingue antiche e la paleografia (che è una vera e propria arte) se invece possiamo demandare tutto all’intelligenza artificiale? “Ritengo che ci sia certamente bisogno degli storici che fanno ricerca sul campo e negli archivi – ha detto Breen a Wired in una videochiamata dal campus dell’università di Santa Cruz, a sud della Silicon Valley – ma i test che ho fatto mi hanno fatto capire che siamo molto più avanti di quanto normalmente si pensi, e che lo siamo in modi diversi“.
I nuovi modelli di linguaggio come Gpt-4 di OpenAI e Claude Sonnet di Anthropic si stanno rivelando strumenti formidabili per l’analisi di documenti storici. Sono capaci di trascrivere testi antichi in diverse lingue, fornire contesto storico accurato e persino proporre nuove interpretazioni. “Possono analizzare testi multilingue, ad esempio scritti in latino rinascimentale ma con degli inserti di frasi in ebraico, che probabilmente il ricercatore esperto di latino non è in grado di tradurre“. Gli esempi di questo tipo sono moltissimi, anche perché abbiamo a disposizione intere biblioteche di opere che provengono dal medioevo e dal Rinascimento: migliaia di manoscritti sugli argomenti più vari.
Solo quelli dei missionari gesuiti nel Nuovo Mondo scritti in un latino dottissimo ma volutamente complesso e convoluto sono un corpus di centinaia di libri il cui contenuto non viene riletto e analizzato sistematicamente da più di un secolo. Anche perché gli studiosi al mondo in grado di comprenderli sono rimasti pochissimi.
Qui entra in gioco l’intelligenza artificiale. Perché la capacità dei modelli di frontiera di elaborare grandi quantità di dati e trovare collegamenti non evidenti cambia il modo in cui gli storici potranno lavorare. Breen, da esperto di ricerca storica, ha deciso di capire a che punto siamo. E ha fatto un piccolo esperimento scientifico che ha pubblicato sulla sua newsletter Res Obscura testando cosa si può fare oggi con Gpt-4o, OpenAI o1 e Claude Sonnet 3.5. Questi sistemi possono analizzare simultaneamente testi in più lingue, identificare pattern nascosti e suggerire una bibliografia pertinente con una precisione che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Per farlo è necessario accedere alle versioni a pagamento, creare dei prompt su misura, addestrare dei mini-Gpt con materiali di riferimento, “ma i risultati sono sorprendenti“, dice Breen.
Analisi storiche sorprendentemente accurate
Il professore, che insegna Storia della scienza e della medicina all’Università della California a Santa Cruz, ha condotto tre test approfonditi con i tre modelli di AI. Nel primo ha chiesto a Gpt-4o di analizzare il manoscritto della mappa del mondo di Urbano Monte, realizzata dal gentiluomo milanese nella scrittura corsiva italiana del XVI secolo. Gpt-4o ha fatto una trascrizione sostanzialmente perfetta, con pochissimi errori (come “disignato” invece di “dissegnata“, ad esempio) che spesso sono tentativi della GenAI di trovare una versione ‘più corretta’ della parola usata dall’autore del testo.