venerdì, Dicembre 27, 2024

Three – Recensione

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Three - Saam Yan Hang - Film - 2016 - Johnnie To - RecensioneThree, nuovo lavoro di Johnnie To, segna il ritorno del regista di Hong Kong al poliziesco. Seppur non totalmente conforme ai canoni consueti il film comunque sorprenderà


“Quando tre uomini camminano insieme, c’è sempre qualcosa di buono da imparare. Scegli di seguire quello che c’è di buono e correggi ciò che non è buono”: il brano, tratto dai Dialoghi di Confucio, non solo ispira il titolo Three dell’ultimo lavoro di Johnnie To (la traduzione letterale dal cinese in effetti è Tre uomini in cammino) ma costituisce il substrato di tutto il racconto che riesce ad unire alle consuete atmosfere da poliziesco, marchio di fabbrica del grande regista, riflessioni quasi esistenziali sui tre personaggi principali, ognuno in marcia sulla sua strada personale.
Avevamo lasciato To, non senza un certo grado di sorpresa ed in parte anche di delusione, alle prese con Office, un musical completamente, o quasi, ambientato in un ufficio dalle pregevoli linee architettoniche e dalle atmosfere patinate e rarefatte; lo ritroviamo in questa coproduzione Cina-Hong Kong nella quale sceglie di ambientare il suo film totalmente in un ospedale, dove le vie dei tre personaggi del titolo si trovano a convergere.
La dottoressa, il poliziotto ed il delinquente: potrebbe essere il titolo di un film stile Anni ’70 a metà tra spaghetti western e b-movie, ma Johnnie To, con una costruzione molto discreta e al contempo precisa, ci pone davanti tre personaggi dal cui interagire sembra venire fuori una beffarda visione della vita.
La dottoressa è un affermato neurochirurgo che ha ottenuto il suo successo con i denti e con le proprie forze e ciò le conferisce una sorta di aura di egocentrismo e di infallibilità, almeno fino a quando un paio di eventi fanno vacillare questa convinzione e tutta la sua esistenza. Il poliziotto piomba nell’ospedale al seguito del delinquente e, tra ansie ed angosce, cerca di mettere riparo ad un guaio che potrebbe costare caro a lui e ai suoi uomini. Il bandito, a sua volta, con una pallottola in testa che miracolosamente per ora non ha causato danni, rifiuta l’intervento proposto dalla dottoressa perché sa che gli amici verranno a salvarlo.
Tre personaggi che vivono dei loro convincimenti, che seguono la loro etica (sovente molto personale) messi di fronte ai capricci del fato e che faranno di tutto pur di rimanere legati alla loro morale. E’ chiaro che siamo di fronte ad un Johnnie To atipico, e come spesso è successo nella sua straordinaria carriera, da tali premesse spuntano fuori lavori che non ti aspetti e che riescono ad esser convincenti. Parlavamo del substrato filosofico che sta alla base di Three: cosa è disposto l’uomo a fare pur di salvare se stesso e la sua etica personale? E per sottolineare che il suo lavoro non è solo un poliziesco classico, To infarcisce il racconto di citazioni e rimandi: Bertrand Russell e Confucio, il Giuramento di Ippocrate e la Costituzione, persino Mozart e la sua Eine Kleine Nachtmusik. E’ quasi sempre il delinquente, nella sua personale sfida-trappola, ad infarcire il suo eloquio con dotti rimandi, mentre da un lato osserviamo la granitica dottoressa iniziare a sbriciolarsi e il nevrotico poliziotto giunto ormai all’ultima spiaggia.
Insomma Three è anzitutto una pellicola sorprendente, nella quale il regista costruisce piano con gesti quasi inapparenti tutto ciò che poi esploderà in quei cinque minuti in cui tutto il cinema di To è concentrato e compresso. Quella scena madre quasi onirica tra le parole della canzone che vanno ascoltate con attenzione e il magistrale slow motion: in quei pochi minuti To ci restituisce tutto il suo cinema che fino ad allora aveva strisciato carponi sui pavimenti dell’ospedale. La regia è sopraffina, nobilitata da un paio di situazioni in cui To si diverte a giocare con le prospettive geometriche che ci piacciono tanto e nelle quali i suoi attori si muovono come fossero su un palcoscenico teatrale.

Al fondo della storia c’è un certo umorismo nero che tracima nel sarcasmo o forse una visione non proprio ottimista, sta di fatto che Three ci ripropone il Johnnie To da ‘poliziesco’ con una faccia un po’ diversa e tutto sommato meno eroica. Azzeccatissimi i tre attori scelti: Zhao Wei dà il meglio nei ruoli sofferti e tormentati con quel suo faccino che sembra sempre un po’ triste, Louis Koo sembra vero nel suo ruolo da ansioso nevrotico e Wallace Chung è convincente nella parte del delinquente che cita filosofi e che mette a rischio la vita per inseguire la sua etica da bandito.

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